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Curare le maculopatie durante il Covid-19

FondazioneBietti_varano_maculaopatie

Per salvare la vista in queste malattie croniche – spiega la dott.ssa Monica Varano dell’IRCCS Bietti – serve dare priorità alla cura di questi pazienti

Le maculopatie legate all’età rappresentano la prima causa di ipovisione per le persone sopra i 50 anni e l’edema maculare diabetico rappresenta la prima causa di ipovisione al di sotto dei 50 anni nel mondo occidentale. Assieme, queste due patologie sono le principali responsabili di cecità o perdita di vista nei Paesi ad alto reddito.

Dal 2006 queste patologie sono trattate con le iniezioni anti-Vegf[1] da effettuarsi nel corpo vitreo. Si tratta di farmaci capaci di contrastare la neovascolarizzazione della maculopatia legata all’età o ridurre l’edema diabetico, in questo modo arrestando entrambe le malattie e preservando la retina da danni ulteriori. Questi farmaci hanno notevolmente ridotto l’ipovisione legata a queste patologie.

“La pratica clinica si è rivelata, però, meno soddisfacente di quanto ci si sarebbe atteso basandosi sui risultati degli studi registrativi dei farmaci. Ciò è avvenuto non per un difetto nelle terapie, ma perché, non di rado, i pazienti vengono sottoposti a iniezioni meno frequentemente di quanto necessario – spiega Monica Varano, Direttore scientifico dell’IRCCS Fondazione Bietti, Istituto di ricerca dedicato all’oftalmologia. Il trattamento comporta, infatti, 7 o 8 iniezioni nel corso del primo anno e circa 3-4 nel successivo e nella maggior parte dei casi deve continuare anche negli anni successivi. Pur premettendo che questi numeri possono variare da paziente a paziente, non ci sono dubbi che il trattamento frequente e prolungato comporti un notevole peso e impegno sia per il paziente che per la struttura sanitaria.

“Questa situazione con l’emergenza Covid (distanziamento e quindi minor numero di appuntamenti, spesso ulteriore ridotte possibilità di accesso alla sala operatoria) è ancora peggiorata”

Per la Dottoressa Varano è arrivato il momento che le strutture sanitarie compiano una scelta: “Dare priorità alla cura delle maculopatie riducendo al minimo indispensabile gli accessi, ovvero fare l’iniezione lo stesso giorno della visita o come consiglia il Royal College del Regno Unito accedere solo per la procedura con appuntamenti fissi e facendo la visita al paziente solo in casi particolari (ad esempio  riduzione visus riferita dal paziente ).

“Questa è l’opzione ideale – dice la Varano -: si riducono le occasioni di presenza fisica in ospedale e si mantiene il  trattamento. Nel caso di queste patologie, perdere tempo significa perdere parte della vista”.


[1] anti-Vascular Endothelial Growth Factor

9 Dicembre 2020
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