Melanoma coroideale
Il melanoma della coroide rappresenta il tumore maligno primitivo intraoculare più frequente nell’adulto, con un’incidenza pari a 6 casi per milione di persone/anno. La radioterapia conservativa (brachiterapia o protoni accelerati) è oggi in grado di trattare in modo localmente soddisfacente più del 95 percento dei casi. Per lesioni troppo grandi si ricorre ancora all’enucleazione del bulbo oculare. Nonostante i favorevoli risultati nel trattamento locale della neoplasia, il melanoma della coroide rimane tuttora una patologia potenzialmente mortale, con un rischio di metastatizazione a 10 anni di circa il 50 percento.
Le cause esatte della sua insorgenza non sono ancora completamente comprese, ma si ritiene che siano coinvolti diversi fattori genetici e ambientali. È più comune nei soggetti di razza caucasica, in particolare con fototipo chiaro, occhi azzurri o verdi e pelle chiara. A livello molecolare, sono state identificate mutazioni ricorrenti in geni come GNAQ, GNA11, BAP1, SF3B1 e EIF1AX, che sembrano influenzare l’aggressività e il comportamento metastatico del tumore. In alcuni casi, il melanoma può svilupparsi su un nevo coroideale preesistente, che subisce una trasformazione maligna nel tempo, ma spesso insorge de novo.
I sintomi del melanoma coroideale dipendono dalla sede, dalla dimensione della lesione e dalla presenza di complicanze. I pazienti possono accorgersi di un calo visivo, spesso progressivo, dovuto al coinvolgimento della macula o alla presenza di un distacco sieroso della retina. Alcuni riferiscono la percezione di macchie scure nel campo visivo, come scotomi centrali o periferici, oppure la comparsa di linee distorte o immagini deformate, soprattutto se la lesione comprime o altera la retina sovrastante. In altri casi, possono manifestarsi lampi di luce (fotopsie), visione offuscata o una sensazione di "ombra" fissa, che si espande gradualmente. Quando la lesione è periferica o di piccole dimensioni, il tumore può rimanere asintomatico per lungo tempo e viene spesso scoperto incidentalmente durante una visita oculistica. Solo nei casi avanzati, con estensione extrasclerale o complicanze secondarie come glaucoma neovascolare, possono comparire dolore oculare e sintomi più severi.
L'approccio diagnostico comprende un’accurata anamnesi familiare, indagando la presenza di malattie neoplastiche o eredo-familiari nella famiglia. L’indagine sistematica procede con una completa valutazione oftalmologica (acuità visiva, esame biomicroscopico del segmento anteriore e posteriore, oftalmoscopia, pressione endoculare), allargata a tutte quelle indagini di secondo livello ritenute utili al caso specifico, quali: ecografia oculare, tomografia a coerenza ottica (OCT) esame del campo visivo, studio della funzionalità retinica e della via ottica. Le lesioni riscontrate – sia a carico del segmento anteriore che posteriore dell’occhio – dovranno sempre essere documentate fotograficamente: questa indagine è fondamentale per valutare obiettivamente nel tempo la storia naturale o l’effetto dell’eventuale terapia. Altre indagini importanti in oncologia oculare comprendono l’angiografia retinica e coroideale, l’angiografia mediante Tomografia a Coerenza Ottica (angio-OCT), l’autofluorescenza retinica e la microscopia confocale della superficie oculare. In casi selezionati possono essere utili anche specifiche indagini neuroradiologiche (TC e MRI). Qualora le metodologie anzidette non siano dirimenti si ricorrerà a metodiche diagnostiche mini-invasive, quali la citologia diagnostica, o invasive, quali biopsie chirurgiche incisionali o escissionali (asportazione parziale o totale della lesione).
La terapia in oncologia oculare ed orbitaria si basa su una pianificazione di equipe (team oncologico) e spetta all’oncologo oculare il coordinamento di questa attività. Attualmente l’approccio ai tumori oculari è per quanto possibile conservativo, intendendo con questo termine la necessità di si struggere la lesione neoplastica preservando l’occhio e la funzione visiva. Quando la conservazione del bulbo oculare affetto dalla neoplasia (maligna) può costituire pericolo per la vita del paziente, l’occhio dovrà essere enucleato. La radioterapia costituisce la principale, e più efficace, metodica di trattamento dei tumori maligni e benigni dell’occhio. La radioterapia è principalmente applicata per contatto (placchette episclerali caricate con isotopi radiottivi), o con sorgenti esterne (acceleratore lineare o di particelle pesanti). Altri trattamenti eseguiti sono: la termoterapia transpupillare che trova indicazione, associata alla chemioterapia, nella cura del retinoblastoma, come anche la crioterapia, la chirurgia, la chemioterapia sistemica e topica, la terapia fotodinamica, la chemioterapia superselettiva con incannulazione dell’arteria oftalmica, l’iniezione intraoculare di farmaci antineoplastici e l’immunoterapia.
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