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“I pazienti vanno visitati”. Il circuito essenziale tra territorio e specialisti

Doctor examining senior woman's eyes

Nel dibattito sul futuro della medicina, assistenza territoriale e centri specialistici non vanno intesi come due mondi separati, ma come due stadi dello stesso processo. Così si crea la continuità dal medico di medicina generale all’IRCCS

“Il danno alla retina provocato dal diabete è collegato all’età e, nei giovani che soffrono di diabete di tipo 1, è particolarmente aggressivo. Per questo l’esame del fondo oculare durante la visita oculistica può rivelare la presenza della patologia e richiedere la prescrizione di esami che vanno oltre l’ambito specialistico dell’oftalmologo. Specularmente, il medico di medicina generale può informarsi sulla consistenza delle lacrime, se più o meno dense, e trarne un sospetto diagnostico che demanda a quella stessa visita specialistica per essere fugato.  

Questo è solo un esempio, tra tanti, della relazione che sussiste e deve essere ulteriormente rafforzata tra medicina territoriale e centri ad alta specializzazione. 
Troppo spesso – e per ragioni che si radicano in pur comprensibili compartimentazioni organizzative – i due piani vengono affrontati separatamente come se fossero alternativi: una versione sanitaria del proverbiale “aut…aut…” latino.  

Al contrario, la compartimentazione stessa tra territorio e specializzazione ha senso solo e unicamente nel caso in cui i due compartimenti siano concepiti in partenza per essere comunicanti. 

Ovunque e per qualsiasi specializzazione l’efficacia e la tempestività dell’assistenza si fonda sull’automatizzazione del collegamento tra medicina generale e specialisti. Uno scambio non lineare ma circolare e che deve prevedere passaggi multipli da una parte e dall’altra. 

È dalla fluidità e dall’immediatezza di questo circuito che dipendono non solo la diagnosi tempestiva e la cura efficace, ma anche gli essenziali follow-up che garantiscono, in primo luogola continuità terapeutica e, secondariamente, il percorso di la riabilitazione.  

L’automatismo di tale circuito non può fondarsi sulla intraprendenza dei singoli, ma su protocolli e corsie preferenziali disegnate in anticipo sulla singola malattia e, ancora una volta, concepite esplicitamente per superare i confini tra territorio e specialisti e mantenere stabile il contatto nella prosecuzione del percorso di cura. 
È una strutturazione che cambia radicalmente non tanto i singoli passaggi sanitari, quanto il punto di vista dal quale si presiede l’intero processo. Il centro non è più la medicina, il reparto, lo studio o l’ospedale. Il centro è il paziente il cui percorso all’interno dei diversi piani dell’assistenza socio-sanitaria deve divenire il filo rosso che unisce i singoli servizi.   

Plasticamente non è più la cartella sanitaria che gira tra i reparti; sono i diversi attori sanitari che vengono chiamati ad accedere alla cartella del paziente nei momenti in cui è necessaria la loro presenza. 
Questa non è una metafora, ma un processo da intendersi letteralmente perché, per la prima volta, abbiamo la tecnologia necessaria a rendere la trasformazione possibile.  

La medicina del futuro non è solo la tecnologia, perché i pazienti vanno sempre visitati e a più livelli. Ma è la tecnologia che permette di farlo meglio, rendendo possibile, prima ancora che le tante rivoluzioni terapeutiche e diagnostiche alle quali assistiamo pressoché quotidianamente, anche un fondamentale cambiamento di mentalità e immaginazione organizzativa. 

Mario Stirpe
Presidente Fondazione IRCCS G.B.Bietti

Sullo stesso tema: l’intervista rilasciata dal prof Stirpe assieme al dott. Carlo Gargiulo alla giornalista Vira Carbone su Buongiorno Benessere di RAI 1 (LINK) 

2 Marzo 2022
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