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Uveite

Le uveiti sono patologie infiammatorie oculari rare (approssimativamente costituiscono il 2-5% delle patologie oftalmiche) caratterizzate dall'infiammazione dell'uvea, la tonaca vascolare dell'occhio che comprende l'iride, il corpo ciliare e la coroide. A seconda del distretto oculare interessato possono essere suddivide in anteriori (irite, ciclite anteriore, iridociclite) intermedie (pars planite, ciclite posteriore, ialite) , posteriori (retinite, coroidite, retinocoroidite, corioretinite, neuroretinite) e/o diffuse (panuveite). Sono patologie rare che possono coinvolgere esclusivamente il bulbo oculare cosi’ come essere l’espressione oculare di patologie sistemiche quali malattie autoimmuni e/o patologie infettive.

Le cause dell’uveite sono molteplici e complesse, e possono essere classificate in quattro categorie principali: autoimmuni, infettive, idiopatiche e traumatiche.
Una delle cause più frequenti è di natura autoimmune o infiammatoria sistemica. In queste situazioni, l’uveite si manifesta come una delle espressioni di una malattia sistemica in cui il sistema immunitario attacca erroneamente i tessuti dell’organismo, compresi quelli oculari. Alcune delle patologie più frequentemente associate a uveite sono la spondilite anchilosante (spesso associata all'allele HLA-B27), l’artrite idiopatica giovanile, la sarcoidosi, la malattia di Behçet e altre malattie autoimmuni come la colite ulcerosa o la psoriasi. In questi casi, l’infiammazione oculare può essere ricorrente e necessita di una stretta collaborazione tra oculista e reumatologo per una gestione integrata del paziente.
Un’altra causa importante è rappresentata dalle infezioni, che possono coinvolgere direttamente l’occhio o essere sistemiche con conseguente coinvolgimento oculare. L’uveite da Toxoplasmosi, causata dal parassita Toxoplasma gondii, costituisce una delle forme più frequenti di uveite infettiva. Tra le infezioni virali, le più comuni sono quelle da Herpes simplex e Herpes zoster, che possono causare uveite anteriore, spesso unilaterale e associata ad aumento della pressione oculare, ma dare anche gravi alterazioni a livello retinico. Anche la tubercolosi e la sifilide, malattie batteriche sistemiche, possono provocare uveiti, in crescita con il progressivo aumento dei flussi migratori dai paesi in via di sviluppo. In pazienti immunodepressi o con infezioni opportunistiche (come l’HIV), sono possibili anche uveiti da funghi o altri microrganismi meno comuni.
Una parte significativa dei casi di uveite, circa il 30-50%, viene classificata come idiopatica, cioè senza una causa identificabile. In questi casi, nonostante indagini cliniche, di laboratorio e strumentali accurate, non si riesce a determinare un’origine precisa. Tuttavia, si ipotizza spesso che anche in queste forme ci possa essere una componente immunologica non ancora del tutto chiarita.
Infine, l’uveite può essere causata da traumi diretti all’occhio, sia accidentali sia chirurgici. Gli interventi oculari, come la chirurgia per la cataratta o il distacco di retina, possono in alcuni casi provocare un’infiammazione intraoculare. Anche alcuni farmaci, come la rifabutina o i bifosfonati, sono stati associati a casi di uveite da reazione avversa.

I sintomi dell’uveite dipendono dalla localizzazione dell’infiammazione (anteriore, intermedia, posteriore o panuveite). Nel caso delle uveiti anteriori acute i sintomi tipici sono l'iperemia, il dolore oculare, la fotofobia marcata, la lacrimazione e la visione offuscata. Esistono forme di uveiti anteriori croniche in cui tutti questi sintomi possono risultare più sfumati e l'occhio può anche apparire bianco. Nelle uveiti intermedie i sintomi pù frequenti sono la visione offuscata, i corpi mobili molto evidenti (“floaters”) e spesso non vi è nessun dolore. Nel caso delle uveiti posteriori la sintomatologia dipende soprattutto da quanto viene ad essere interessata la retina centrale. I sintomi più comuni sono il calo della vista centrale o periferica, la percezione di macchie scure nel campo visivo (scotomi), la distorsione delle immagini (metamorfopsie). Nelle uveiti diffuse infine si possono avere i sintomi combinati di tutte le forme precedenti.

La diagnosi di uveite richiede la combinazione di una valutazione clinica completa (anamnesi ed esame obiettivo), esami strumentali e spesso analisi di laboratorio per identificare le caratteristiche cliniche dell'uveite, orientare quando possibile l'inquadramento eziologico e di conseguenza la strategia terapeutica. 1 Anamnesi. Si raccolgono informazioni in merito a: sintomi oculari quali dolore, fotofobia, visione offuscata, arrossamento, lacrimazione, scotomi, metamorfopsie, durata e ricorrenza dei sintomi. Si indaga la presenza di eventuali malattie sistemiche (autoimmuni e/o infettive) concomitanti e i farmaci in uso. Si interroga il paziente in merito a precedenti traumi oculari, interventi chirurgici, eventuale contatto abituale con animali domestici ed eventuali viaggi recenti in zone endemiche per determinate patologie infettive. 2. Esame obiettivo alla lampada a fessura per osservare e descrivere: reazione pericheratica, cellule e tyndall nella camera anteriore, caratteristiche dei precipitati corneali, sinechie e granulomi iridei (nelle uveiti anteriori) cellule e opacita' vitreali (nelle uveiti intermedie) esame del fondo oculare che nel caso di uveite posteriore o panuveite consentira' di riscontrare la presenza di eventuali lesioni infiammatorie alivello retinico o coroideale. Misurazione della pressione intraoculare (può essere aumentata o diminuita a seconda del tipo di uveite). In caso di coinvolgimento posteriore del fondo oculare possono essere fondamentali per l'inquadramento clinico esami come l'OCT maculare (Tomografia a Coerenza Ottica) ed esami invasivi angiografici come la fluorangiografia retinica e l'angiografia al verde di Indocianina. Alla luce delle informazioni raccolte con l'anamnesi e con l'esame obiettivo si potranno richiedere esami di laboratorio per studiare le condizioni cliniche sistemiche del paziente dal punto di vista immunologico e/o infettivologico e, a seconda del sospetto clinico posto, eventuali esami strumentali quali l'RX torace o TC torace, RMN encefalo o articolazioni sacro-iliache. In alcuni casi di uveite infettiva in cui si renda necessario un ulteriore approfondimento diagnostico può essere necessario ricorre al prelievo dell'umore acqueo o dell'umor vitreo con successiva analisi di laboratorio del campione prelevato.

Le uveiti possono essere infettive o non infettive. Nelle prime lo scopo del trattamento consiste nell'eradicazione del microrganismo patogeno attraverso una terapia specifica mirata (es. antibiotici e/o antivirali) associata il più delle volte ad una terapia anti-infiammatoria corticosteroidea allo scopo di contenere e ridurre il danno tissutale provocato dal sistema immunitario che reagisce verso gli antigeni microbici e oculari.
La maggior parte delle uveiti diagnosticate nei paesi sviluppati non è di natura infettiva bensì di natura infiammatoria o autoimmunitaria ed in questo caso il trattamento deve essere volto a contenere il processo infiammatorio intraoculare, prevenire le complicanze oculari secondarie all'uveite (cataratta, glaucoma, edema maculare), preservare la funzione visiva del paziente possibilmente con minimi effetti collaterali.
Il gold standard come trattamento di prima linea delle uveiti non infettive è dato dalla terapia corticosteroidea.
I corticosteroidi possono essere somministrati per via topica (mediante collirio), locale (iniezioni sottocongiuntivali, sottotenoniane, peribulbari e intravitreali), oppure sistemica (per via orale, intramuscolare o endovenosa). Nel caso di uveite intermedia, posteriore o diffusa la terapia topica non permette il raggiungimento di concentrazioni adeguate di farmaco a livello dei distretti oculari interessati. In questi casi la scelta della terapia (locale o sistemica) è determinata dalla lateralità dell'uveite e dalla presenza o meno di una malattia sistemica associata. Gli effetti collaterali della terapia steroidea sistemica includono ipertensione arteriosa, diabete, osteoporosi, sindrome di Cushing, disturbi dell'umore, del sonno e dell'appetito, ritardo e arresto dell'accrescimento in età pediatrica. Pertanto i corticosteroidi continuano ad avere un ruolo fondamentale e preponderante nelle terapie di attacco in acuto, ma il loro utilizzo come terapia di mantenimento è limitato dai numerosi possibili effetti collaterali.
Per questo motivo nei pazienti con uveiti recidivanti o croniche che necessitano di “risparmiatori di steroidi” o comunque in quelli con una risposta inadeguata ai corticosteroidi o nei quali il trattamento con corticosteroidi è inappropriato bisogna spesso far ricorso a farmaci di seconda linea.
Tra questi abbiamo gli immunosoppressori tradizionali, quali gli anti-metaboliti (azatioprina, methotrexate, mycophenolate mofetil) gli inibitori dei linfociti T (ciclosporina) e gli agenti alchilanti (ciclofosfamide, clorambucil) e/o i farmaci biologici (es. adalimumab, infliximab).
Gli unici farmaci approvati per il trattamento delle uveiti sono la ciclosporina, ormai poco utilizzata per gli effetti collaterali e la risposta clinica non ottimale ai dosaggi tollerati, e l’adalimumab. Tutti gli altri vengono somministrati in modalità off-label.
I farmaci biologici sono farmaci che contengono uno o più principi attivi prodotti o estratti da un sistema biologico, hanno consentito nel corso degli anni di migliorare le prospettive del trattamento delle uveiti non infettive e vengono sempre di più utilizzati anche come prima opzione tra i farmaci di seconda linea. Sono autorizzati per il trattamento delle uveiti non infettive intermedie, posteriori e panuveiti, oltre che per la terapia delle uveiti croniche pediatriche, anche se non associate a malattie sistemiche. Rispetto agli immunosoppressori tradizionali presentano i seguenti vantaggi: selettività per il target biologico, minori effetti collaterali, lunga durata d’azione e quindi somministrazioni distanziate nel tempo.
Tra i trattamenti intravitreali cui vengono sottoposti i pazienti affetti da uveite vanno annoverate le iniezioni intravitreali di steroidi a lento rilascio e quelle di farmaci anti-VEGF.
Tra gli steroidi a lento rilascio abbiamo il Desametesasone e/o il Fluocinolone Acetonide, funzionali al contenimento del processo infiammatorio intraoculare, che garantiscono una maggiore efficacia antiinfiammatoria locale rispetto alla terapia steroidea topica limitando gli effetti collaterali legati alla terapia steroidea sistemica. Sono trattamenti che vanno ripetuti nel tempo a seconda della risposta al trattamento e delle condizioni cliniche del paziente (circa ogni 4-6 mesi il Desametasone e ogni 36 mesi il Fluocinolone Acetonide).
I trattamenti intravitreali con farmaci anti-VEGF sono invece indicati in caso di uveiti posteriori complicate dalla comparsa di lesioni neovascolari sottoretiniche (CNV). Anche in questo caso possono rendersi necessarie iniezioni ripetute nel tempo in base alla risposta clinica al trattamento.

PVT-2201-303 (Clarity): Studio di fase 3 randomizzato, in doppio cieco, controllato con placebo per indagare la sicurezza e l'efficacia del brepocitinib orale negli adulti con uveite intermedia, posteriore e panuveite attiva, non infettiva

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