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Il trapianto di cornea: quando è necessario e quanto è sicuro

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Un intervento di microchirurgia che – grazie all’impiego delle nuove tecniche – presenta sempre meno rischi correlati e consente un ottimo recupero visivo 

 

Intervista al dott. Domenico Schiano, responsabile dell’Unità Operativa Segmento anteriore annessi oculari dell’IRCCS G.B. Bietti 

Cosa è il trapianto di cornea e quando è necessario intervenire? 
La cornea è la parte più esterna e superficiale dell’occhio, quella calotta trasparente che funge da lente e attraverso la quale vediamo le immagini. 

È quindi importante che questa abbia una curvatura regolare ed allo stesso tempo sia perfettamente trasparente. 

Qualsiasi alterazione, sia della trasparenza che della regolarità della curvatura della cornea, fa sì che le immagini vengano messe a fuoco in maniera sfocata o addirittura che si abbia un annebbiamento visivo. 

Nel momento in cui si verificano queste condizioni, abbiamo chiara indicazione ad eseguire una sostituzione chirurgica della cornea, ovvero un trapianto di cornea. 

Quali sono, nello specifico, le patologie che portano a queste alterazioni? 
Esistono patologie, come per esempio, il cheratocono, oppure le distrofie corneali o le patologie post infettive della cornea, che possono causare una riduzione della luce che passa attraverso la cornea, oppure una alterazione della messa a fuoco dei raggi luminosi attraverso di essa.  

Come funziona il reperimento del tessuto corneale per il trapianto? 
Esistono, in tutta Italia, a livello regionale, le cosiddette “banche degli occhi” che si occupano di prelevare le cornee e di conservarle per la distribuzione, in funzione delle necessità chirurgiche. 

Non parliamo di un vero e proprio trapianto di organo, perché, non essendo vascolarizzata, la cornea viene considerata un tessuto; quindi parliamo di trapianto di tessuto per il quale le procedure burocratiche sono più agili.  
Tuttavia, assistiamo, comunque, su tutto il territorio nazionale, ad una carenza di tessuti disponibili, in funzione, invece, della crescente necessità di trapianti di cornea. 

Quali sono i diversi tipi di trapianto e di tecniche di intervento? 
Abbiamo il trapianto di cornea tradizionale che prevede la sostituzione dell’intera cornea in tutto il suo spessore: dal paziente ricevente viene asportata la cornea malata e viene impiantato una cornea proveniente da un donatore. Ogni tessuto prima di essere impiantato deve necessariamente passare attraverso una rigorosa selezione qualitativa e deve avere determinate caratteristiche di sicurezza.  

La cornea viene applicata al paziente ricevente e quindi fissata con una sutura apposta mediante microchirurgia.  

Per quanto riguarda, invece, il taglio della cornea del donatore e del ricevente, questo può essere eseguito sia manualmente, con l’impiego di trapani di alta precisione, oppure mediante un laser a femtosecondi. 

In entrambi i casi, si procede poi alla sutura – come detto prima – in maniera chirurgica tradizionale, o a punti staccati o con una sutura continua su tutta la cornea. 

Tuttavia, al giorno d’ oggi il trapianto tradizionale “a tutto spessore” viene eseguito sempre in un numero minore di casi. 

Infatti negli ultimi 15 anni è avvenuta l’introduzione delle tecniche di chirurgia cosiddetta lamellare che consentono la sostituzione selettiva dello strato corneale patologico. Quindi, a seconda del tipo di paziente e del tipo di patologia, verrà sostituita solo la parte di tessuto patologico, lasciando in situ la restante parte di cornea sana. 

Tra queste tecniche che ha citato, quale è la più innovativa? 
Le chirurgie endoteliali che puntano alla sostituzione soltanto della parte più interna della cornea, qualora un difetto di trasparenza provenga da un deficit dell’endotelio, ovvero quel sottile strato di cellule che riveste internamente la cornea. 

Ad oggi si può procedere alla sostituzione esclusiva di questo strato cellulare eseguendo un cheratoplastica endoteliale; un intervento che permette di ottenere come risultati una trasparenza corneale in pochi giorni dall’intervento, un ottimo recupero visivo, una assenza dell’astigmatismo post operatorio che viziava i trapianti a tutto spessore e soprattutto una ridotta percentuale di rigetti, che è una delle principale complicanze del trapianto tradizionale. 

La cheratoplastica endoteliale ha diverse tecniche di sostituzione: la DSAEK e la DMEK che possono essere alternativamente eseguite sull’occhio del paziente affetto da una patologie dell’endotelio corneale. 

 

Quali sono i rischi e i benefici per il paziente, del trapianto di cornea? 
Generalmente, il paziente si rapporta a questo tipo di chirurgia con una certa diffidenza e timore iniziali, come è normale che sia, visto che si parla di trapianto. 

È anche vero che questo tipo di intervento diventa necessario quando il calo visivo del paziente diventa importante e quindi rappresenta l’unico modo per ottenere un recupero visivo . I pazienti che arrivano al trapianto di cornea sono soggetti che non hanno soluzioni alternative di intervento: le principali patologie che trattiamo sono il cheratocono evolutivo molto avanzato, per il quale non si può eseguire un cross-linking corneale o per il quale non si può adottare una lente a contatto per vedere meglio; oppure tutte le patologie dell’endotelio corneale che creano una opacizzazione della cornea. 

L’atteggiamento del paziente nei confronti di questo intervento deve essere quello di  prudenza, ma non di diffidenza o sfiducia. 

Infatti la cheratoplastica lamellare presenta oggi un ottimo grado di sicurezza, un basso rischio di complicanze intra e post operatorie e un ridotto rischio di rigetto.  

In tutti questi casi, il paziente ha un deficit visivo importante. 

Gli interventi di chirurgia lamellare bloccano l’evoluzione della patologia, e tendono a determinare un recupero visivo importante e quindi una restituzione di una capacità visiva dell’occhio. Sono interventi ai quali non c’è una alternativa e che vanno affrontati con la giusta serenità.  

 

Per quanto riguarda la tempistica di questi tipi di interventi, rispetto al progredire della malattia, cosa ci può dire?  
Dipende dal tipo di patologia. 
Per quelle come il cheratocono, l’esecuzione di una chirurgia lamellare può essere – entro certi termini – dilazionata nel tempo, ma non troppo, perché se la patologia corre non si potrà più intervenire con la chirurgia lamellare, ma sarà necessario ricorrere a quella perforante, aumentando i rischi per il paziente; parliamo di una elasticità temporale di alcuni mesi. 

Nei casi di patologie endoteliali, l’opacizzazione delle cornea è ingravescente nel tempo e il rischio è quello di non poter più intervenire con la chirurgia lamellare, e dover ricorrere quindi a quella perforante, qualora l’opacità si estenda e si cronicizzi anche negli strati di cornea più superficiali. 

Dunque, mentre nelle prime fasi delle patologie endoteliali è sufficiente una cheratoplastica lamellare, nelle fasi più avanzate si è costretti a una cheratoplastica perforante. Quindi, in la tempistica di intervento è importante.  

Altro fattore da considerare per quanto riguarda i tempi, è la disponibilità adeguata di tessuti da parte delle banche degli occhi. 

Ecco che la sensibilizzazione alla donazione e il pronto intervento delle banche degli occhi nel ricevere, conservare e distribuire per la disponibilità chirurgica il tessuto corneale diventano fondamentali. 

 

1 Dicembre 2022
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