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Le distrofie retiniche: cosa sono e come affrontarle

FondazioneBietti_MariacristinaParravano_distrofie retiniche

L’esperienza e gli strumenti dell’IRCCS Fondazione Bietti nel campo della malattie oculari rare e ultra-rare. Ne parlano la dott.ssa Mariacristina Parravano, Responsabile UOS Retina Medica e Lucia Ziccardi, Ricercatore UOS Neurofisiologia della visione e neuroftalmologia

Le distrofie retiniche sono malattie ereditarie  che comportano un’alterazione sia morfologica che funzionale della retina causate dal progressivo deterioramente del trofismo retinico che è il prodotto, a sua volta, di diverse mutazioni genetiche. Presso l’ambulatorio di Oftalmologia Genetica della Fondazione Bietti l’assistenza raramente è rivolta ad un singolo paziente, ma a famiglie intere compresi fratelli e sorelle molto giovani perché i sintomi si manifestano, non di rado, tra la prima e la seconda decade di vita. Si tratta di patologie invalidanti che colpiscono entrambi gli occhi e incidono gravemente sull’autonomia e la qualità delle vita sociale, personale e scolastica dell’individuo.

Decorso

È progressivo: comincia con un residuo visivo che si va perdendo nel tempo. La progressione può essere asimmetrica – ovvero diversa da un occhio all’altro – e varia a seconda del tipo di distrofia e dell’appartenenza ad uno degli otto sottogruppi nei quali sono complessivamente catalogate. Tutte le forme, però, sono destinate a causare ipovisione. Tutte sono annoverate tra le malattie rare o ultra-rare, cioè con  un’incidenza di un caso su più di 5mila persone o più di un milione  rispettivamente. Alcune, infine, sono sindromiche, presentandosi assieme a sordità, obesità, facies atipiche, ritardo psicocognitivo, cardiopatia, alterazione metaboliche e muscolo-scheletriche

Sintomi

Nei primi stadi,  più che interessare il visus direttamente, le distrofie si manifestano con la presenza di macchie nella vista detti scotomi, con il restringimento del campo visivo, con la difficoltà ad adattarsi sia ai cambiamenti di luce/buio – per esempio uscendo in macchina da una galleria – che alla luce stessa (fotofobia). Ognuno di questi sintomi deve indurre a farsi visitare da un oculista. Con il progredire della malattia il tessuto retinico diventa vieppiù rarefatto, e anche il visus viene compromesso.

Diagnosi

Sono malattie estremamente difficili da diagnosticare sia per la rarità che per la  complessità di discriminare con precisione tra minute differenze nelle alterazione funzionali, morfologiche e genetiche che le caratterizzano. La Retinite pigmentosa, per esempio,  deriva da alterazioni in oltre 100 geni. Il referto dell’analisi genetica è, inoltre, un processo che richiede tempo anche con le più avanzate tecniche di sequenziamento (NGS); per questo la diagnosi alla Bietti prevede una visita ed esami strumentali  approfonditi che permettano di ridurre in partenza lo spettro dei geni da analizzare per individuare le mutazioni. Nel caso  non si riesca a trovare una corrispondenza tra il fenotipo del paziente (cioè la manifestazione clinica della patologia), risultato dell’espressione genica e la letteratura medica è possibile che ci si trovi di fronte ad una mutazione mai osservata prima.

Il percorso del paziente alla Fondazione Bietti

Non è raro che i pazienti affetti da distrofie retiniche ricevano una diagnosi definitiva solo alla IRCCS Fondazione Bietti, grazie all’approccio multidisciplinare all’ambulatorio di Oftalmologia Genetica e allo strumentario avanzato del laboratorio di elettrofisiologia.

La prima visita prevede un’anamnesi e una serie di esami strumentali approfonditi. Tra questi, in particolare, il campo visivo manuale di Goldmann, l’ elettroretinogramma da flash, da flicker e multifocale, la retinografia e autofluorescenza ad ampio campo, l’OCT e OCT angiografia, la microperimetria.

L’insieme di tutti questi elementi permette di individuare i siti disfunzionali e ipotizzare il tipo e il decorso della malattia in essere.

Con questa ipotesi diagnostica si fissa una seconda visita assieme al consulente genetista che stila un pannello di geni da esaminare e preleva il campione di saliva. Importante ricordare, in questa fase, anche la stesura di un albero genealogico preciso e ricco di dettagli, per individuare la stessa forma di distrofia retinica anche in altre persone della stessa famiglia e diagnosticarla in maniera preventiva (cosiddetta pre-sintomatica) nei fratelli e sorelle più giovani.

Ereditarietà

Il carattere di ereditarietà delle distrofie retiniche può essere dominante o recessivo. Nel primo caso, qualora un genitore sia affetto, i discendenti avranno il 50% delle probabilità di ereditare la mutazione e si dovrà riscontrare, nell’albero genealogico, almeno un ammalato per ogni generazione. Nel caso di mutazioni recessive, fratelli e sorelle avranno una probabilità di sviluppare i sintomi. Esistono, poi, rari casi di “mutazioni de novo” ovvero mutazioni che si instaurano nel DNA del nascituro anche in presenza di genitori dal genoma non alterato. Infine ci sono le forme di distrofie X-linked, ovvero quelle legate al cromosoma X e che si esprimeranno necessariamente nei maschi e lasceranno le donne di una famiglia portatrici sane.

Trattamenti

Ci sono trattamenti e precauzioni che rallentano il decorso delle patologie: in primis la protezione dalla luce solare (che è acceleratore della malattia) e la somministrazione in alti dosaggi di antiossidanti, tra cui la vitamina A e di luteina, astaxantina, zeaxantina, omega 3.

A fianco del trattamento è parte integrante del percorso terapeutico la riabilitazione visiva, sia per accettare psicologicamente la progressiva perdita della capacità visiva sia per allenare il residuo visivo e apprendere le tecniche e la conoscenza degli ausili ottici e o informatici che permettono di mantenere l’autonomia.

La terapia genica è, però, l’unico orizzonte di cura. Per la Amaurosi congenita di Leber una terapia è già stata sviluppata; per altre i trial clinici sono in via di sviluppo. È anche in vista di questi sviluppi terapeutici che la capacità di diagnosticare in maniera precisa la singola distrofia e di individuare le mutazioni responsabili – e, quindi, di sviluppare farmaci mirati e ad hoc – assume particolare rilevanza. È qui che la capacità diagnostica e di ricerca dell’IRCCS Fondazioni Bietti può far valere il suo valore aggiunto (Per approfondire: Pazienti orfani di cure

5 Giugno 2020
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