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Patologie Retiniche di interesse chirurgico

PREMESSE

LA RETINA

E’ una membrana sottile e sensibile dalla struttura interna estremamente complessa, composta da dieci strati ciascuno con funzioni specializzate. Nei primi strati si trovano le cellule sensibili alla luce, i fotorecettori. Esistono fotorecettori sensibili alla luce ed altri sensibili ai diversi colori. Ciascun fotorecettore legge un punto dell’immagine (luminosità, colore o entrambi) e genera impulsi elettrici che trasmette agli strati successivi, ove questi vengono codificati per la trasmissione attraverso il nervo ottico. La distribuzione dei fotorecettori non è uniforme. Essi presentano la massima concentrazione nella parte centrale della retina, detta macula; man mano ci si sposta verso la periferia della retina la densità dei fotorecettori diminuisce e questi sono più distanziati tra loro. Vi è una ragione precisa per questo: la macula viene utilizzata per la visione distinta e per la lettura, la periferia (la “coda dell’occhio”) è più sensibile alle cose in movimento. Per funzionare e per nutrirsi la retina deve essere aderente, cioè attaccata in tutti i punti all’epitelio pigmentato (che è lo strato di cellule immediatamente sottostanti). Non vi è nessuna “colla” alla base dell’aderenza retinica ma un meccanismo di aspirazione da parte dell’epitelio pigmentato, per il quale essa viene “risucchiata” verso la parete.

IL VITREO

Il vitreo (detto anche corpo vitreo, o gel vitreale) è un tessuto trasparente, gelatinoso, che occupa l'interno dell'occhio, costituendone i 2/3 dell'intero volume. Esso é composto per il 99% da acqua e per l'1% da fibrille di collagene e ialuronato che ne costituiscono “l’impalcatura”.

La rete di fibrille di collagene forma una struttura solida che viene supportata dallo ialuronato idrofilo, creando la morfologia vitreale vera e propria. Paragonando il vitreo ad una spugna bagnata, la componente fibrosa è la spugna vera e propria nei cui spazi interni si trova intrappolata la parte acquosa. Il risultato è una gelatina compatta e perfettamente trasparente. Con il tempo, tuttavia, questo equilibrio tende ad alterarsi e si possono formare addensamenti e lacune, che hanno come risultato la perdita della perfetta trasparenza. Possono così cominciare a comparire corpi mobili nel campo visivo, particolarmente visibili in condizioni di piena luminosità e/o su di uno sfondo chiaro. Grazie alla sua elevata viscosità il vitreo ha lo scopo di attutire i traumi oculari, proteggendo i tessuti oculari circostanti; la sua elasticità permette gli spostamenti antero-posteriori del cristallino aiutando il processo di accomodazione.

DISTACCO DEL VITREO

Il distacco del vitreo si verifica per un’improvvisa rottura dell’equilibrio tra la componente fibrosa e quella acquosa, per cui queste si separano tra di loro. Se prendiamo la spugna dell’esempio precedente, la strizziamo e la lasciamo essiccare, questa si rimpicciolirà notevolmente. Allo stesso modo, la componente fibrosa del vitreo, separandosi da quella acquosa, va incontro ad una marcata riduzione di volume. Dal momento che il volume dell’occhio non cambia, la conseguenza di questo fenomeno è il distacco della componente fibrosa vitreale dalla superficie interna dell’occhio, e cioè dalla retina. Il distacco del vitreo inizia in genere nella parte superiore dell’occhio e progredisce verso il basso. Alla fine del processo, il vitreo (sarebbe più corretto dire: la componente fibrosa) rimane aderente alla retina solo nella parte anteriore dell’occhio, dove la connessione vitreo-retina è più tenace. Nonostante nella maggior parte dei casi decorra senza serie conseguenze, il distacco del vitreo è un evento critico per un occhio, perché potrebbe produrre delle lesioni retiniche: dalla rottura di un piccolo capillare (innocua) al prodursi di una lacerazione sulla retina, primo movente del distacco della retina stessa.

Sintomatologia

I sintomi del distacco del vitreo sono in genere piuttosto imponenti: si notano all’improvviso numerosi corpi mobili accompagnati da sensazioni luminose e lampi, questi ultimi legati alla sollecitazione meccanica della retina. E’ difficile trascurare questi sintomi: la maggior parte delle persone si reca al pronto soccorso ovvero ad una visita specialistica urgente e ciò è della massima importanza poiché, come vedremo, una lesione retinica iniziale può essere ancora riparata, a questo stadio, senza ricorrere ad un intervento chirurgico.

ALTERAZIONI RETINICHE EXTRAMACULARI

ROTTURE RETINICHE

importante precisare che una rottura della retina non equivale al distacco della retina, per quanto ne rappresenti spesso il precursore. Salvo rare eccezioni, le rotture della retina sono sempre causate dal vitreo e nella massima parte dei casi si verificano in coincidenza del distacco del vitreo; meno spesso accompagnano modificazioni vitreali meno importanti.

Esistono vari tipi di rotture retiniche, che si distinguono fra loro per forma, sede e dimensione. Si va dai fori retinici (rotondi), alle rotture a ferro di cavallo (dalla caratteristica forma ad U) alle rotture o lacerazioni giganti, che interessano interi settori della periferia retinica. I sintomi di una rottura retinica si confondono, in genere, con quelli del distacco del vitreo che l'ha provocata; solo la visita specialistica può dirimere il dubbio.

DISTACCO DI RETINA

Il distacco di retina si verifica perché, passando attraverso la rottura o le rotture retiniche, una certa quantità di fluido vitreale si insinua al di sotto della retina ed inizia a scollarla. Un distacco di retina può mantenersi circoscritto, ma in genere tende ad estendersi ed a interessare porzioni sempre più ampie della retina. A questo punto compare una tenda scura che dalla periferia si estende verso la porzione centrale del campo visivo. Se il distacco progredisce fino ad interessare la macula, si ha inoltre un brusco calo della vista. La velocità di progressione dei distacchi di retina è molto variabile: in alcuni casi si assiste in poche ore al distacco totale, in altri casi il distacco tende ad autolimitarsi ed a restare maggiormente circoscritto. Ciò è influenzato da numerosi fattori, tra i quali va senz'altro ricordato il riposo: per questo motivo, i pazienti con distacco di retina vengono tenuti a letto in attesa dell'intervento. Il trattamento laser non è applicabile nel distacco di retina: qualunque "colla" richiede che le parti da incollare siano perfettamente aderenti, e non è questo il caso. Chi ha un distacco di retina deve purtroppo operarsi. Vi sono varie ragioni perché l'intervento chirugico per distacco di retina venga eseguito con una certa urgenza. Innanzitutto, il distacco di retina lasciato a sé tende solitamente ad estendersi, richiedendo un trattamento più pesante; in secondo luogo, la retina distaccata perde progressivamente vitalità. In terzo luogo, la retina distaccata tende ad irrigidirsi e ad accartocciarsi, rendendo difficoltoso l'intervento chirurgico e riducendo le probabilità di successo.

Fattori predisponenti

Esiste una serie di fattori predisponenti che possono favorire il distacco di retina. Tra i fattori locali (cioè relativi all'occhio) vi sono le cosiddette "aree degenerative periferiche", cioè delle aree di anomalia localizzata che insorgono spontaneamente in uno o più settori periferici della retina. La miopia, specialmente quella elevata, è una condizione in cui il bulbo oculare si presenta allungato (anziché sferico) ed accomuna numerosi fattori di rischio: retina più sottile, alterazioni vitreali, maggiore incidenza di aree degenerative. Sempre rimanendo tra i fattori locali, è ben noto come l'intervento di cataratta, per quanto correttamente eseguito, porti ad un notevole aumento nell'incidenza del distacco di retina, in particolar modo nei soggetti di giovane età. La maggior incidenza dei distacchi di retina nei mesi più caldi ha fatto ritenere che il caldo, favorendo la disidratazione, agisca inducendo o precipitando il distacco del vitreo. Un ruolo molto importante può essere svolto dai traumi, sia diretti che indiretti. I primi sono gli eventi contusivi diretti sul bulbo oculare (ad esempio un pugno); i secondi includono i traumi cranici (ad esempio una testata) ed i contraccolpi in genere (classico quello da tamponamento stradale. Questi agiscono provocando spostamenti del vitreo all'interno del bulbo, causando trazioni sulla retina in corrispondenza della linea di azione del trauma).

EMOVITREO

L’emovitreo consiste in un versamento di sangue all’interno della porzione posteriore del bulbo oculare, ovvero a livello del vitreo. L’infarcimento di sangue di questa gelatina che riempie l’occhio ha delle importanti conseguenze dal punto di vista visivo.

Epidemiologia

La frequenza di emovitreo è proporzionale a quella delle malattie ad esso associate, per cui le cause più frequente sono rappresentate dalla retinopatia diabetica in stadio avanzato (31-54% dei casi negli Stati Uniti, a seconda degli studi), le rotture retiniche (11-44%), i traumi (12-19%), il distacco posteriore del vitreo (3,7-11,7%) e la degenerazione maculare senile (0,6-4,3%).

Sintomatologia

Quando si verifica un emovitreo i disturbi associati dipendono dall’entità dell’emorragia: nei casi più lievi si ha una visione “fumosa”, con l’aumento della quantità di sangue si percepiscono corpi mobili, strisce nere, annebbiamento sempre più grave fino alla percezione incerta della luce.

Diagnosi

La diagnosi è posta a seguito di una visita oculistica con esame del fondo dell’occhio; nei casi meno grafi si riescono a intravedere la retina e il nervo ottico e le strutture vitreali, nei casi più gravi né l’oculista né il paziente riescono a vedere nulla, per cui si deve ricorrere ad un’ecografia bulbare che rappresenta l’esame fondamentale per capire la gravità della situazione e consente di impostare delle opzioni terapeutiche

TERAPIA DELLE ALTERAZIONI RETINICHE EXTRAMACULARI

TERAPIA DELLE ROTTURE RETINICHE

E’ di grande importanza la diagnosi precoce, poiché una rottura senza distacco si presta ad un trattamento ambulatoriale con il laser che può scongiurare un intervento chirurgico.

Il principio del trattamento laser di una rottura retinica sta nel fatto di costituire una barriera attorno ad essa, isolandola dal resto della retina. Per mezzo del laser, vengono prodotti una serie di "spot" ravvicinati che altro non sono se non piccole ustioni della retina, dell'epitelio pigmentato e della coroide sottostanti. Gli spot vengono praticati in modo da disegnare una barriera di due, tre ed a volte quattro file attorno alla rottura retinica. Nei giorni successivi al trattamento, queste microscopiche ustioni danno luogo ad una cicatrizzazione la quale rappresenta una "colla" permanente e costituisce una barriera definitiva attorno alla rottura. In pratica il trattamento laser delle rotture retiniche è una procedura ambulatoriale estremamente semplice: come nella visita oculistica, il paziente viene posizionato davanti allo strumento, vengono instillate delle gocce per una anestesia di superficie (più che sufficiente allo scopo) e viene applicata una particolare lente a contatto sull'occhio. Quando inizia il trattamento, il paziente percepisce dei brevi lampi di colore azzurro-verde (se il laser è a luce visibile) ciascuno dei quali corrisponde ad uno spot sulla retina. Il trattamento non è di norma doloroso.

TERAPIA PREVENTIVA DEL DISTACCO DI RETINA

La prevenzione del distacco di retina si basa sull’attenuazione o sull’eliminazione dei fattori predisponenti. Le aree degenerative retiniche possono essere circondate da uno sbarramento laser, seguendo lo stesso principio impiegato nel trattamento delle rotture retiniche semplici: isolare l'area pericolosa. Vi è un ampio dibattimento circa l'opportunità di tale trattamento, in relazione ai possibili effetti collaterali, e non è infrequente il riscontro di pareri discordanti tra i vari specialisti: il risultato è un paziente confuso e disorientato. Lo stato delle cose può essere riassunto nei seguenti punti: non tutte le aree degenerative sono ugualmente pericolose, alcune non lo sono affatto, altre lo sono in maniera proporzionale alla loro estensione ed altre ancora lo sono in maniera assoluta. La potenziale pericolosità di un'area degenerativa dipende anche dal contesto in cui è inserita: miopia elevata, presenza di cataratta (che potrebbe richiedere un intervento), presenza di distacco del vitreo, età ed abitudini del paziente e così via. Il trattamento laser può effettivamente avere effetti negativi, legati essenzialmente al surriscaldamento del vitreo. In pratica si tratta di fare un bilancio tra effetti positivi e negativi, bilancio su cui pesano anche le precedenti esperienze e le convinzioni dell'operatore. E' da tener presente che molte aree degenerative tendono alla cicatrizzazione spontanea, il che può contribuire a spiegare disparità di opinioni a distanza di tempo. Molte persone si chiedono se la correzione della miopia non abbia effetto preventivo verso il distacco di retina. La risposta è purtroppo negativa, in quanto il trattamento mediante laser (PRK o Lasik) corregge la curvatura della cornea, adattandola al bulbo più lungo, ma non modifica la condizione interna del bulbo oculare. Assolutamente controproducente è, da questo punto di vista, l'asportazione o la sostituzione del cristallino che alcuni specialisti praticano per il trattamento di miopie elevate: essa equivale all'intervento di cataratta ed espone il paziente ai rischi relativi, già ricordati sopra. Una serie di norme igieniche e di comportamento possono limitare l'azione dei fattori predisponenti generali. Le persone che hanno una predisposizione accertata per il distacco di retina (ad esempio, aree degenerative retiniche potenzialmente pericolose) dovrebbero evitare di esporsi al caldo nei periodi più torridi, integrando nel contempo la dieta con acqua e sali minerali, e dovrebbero evitare di subire traumi o contraccolpi al cranio: è il caso di molti sportivi (colpi di testa, tuffi).

TERAPIA CHIRURGICA DEL DISTACCO DI RETINA

Vi sono sostanzialmente due tecniche per il trattamento chirurgico del distacco di retina: la tecnica "ab-externo", detta anche episclerale, e la tecnica "ab-interno", detta vitrectomia.

CHIRURGIA EPISCLERALE

Il termine "episclerale" vuol dire "al di sopra della sclera", ovvero al di sopra di quella spessa membrana bianca che costituisce l'involucro esterno; si tratta dell'intervento classico per distacco di retina, sviluppato (con numerose varianti) da parecchi decenni ma pur sempre attuale. Il principio di questa chirurgia è quello di risolvere il distacco spingendo la parete dell'occhio verso la retina distaccata, in modo da chiudere le rotture retiniche e neutralizzare le trazioni vitreali. In pratica, opportuni impianti di materiali biocompatibili vengono suturati alla sclera in modo tale da essere sospinti verso il centro dell'occhio, deformandone la parete e provocando una sorta di impronta rigida e permanente. Contemporaneamente, il fluido sottoretinico viene fatto fuoriuscire all'esterno attraverso un piccolo foro praticato nella sclera stessa. Una volta ottenuta l'aderenza retinica, questa viene consolidata mediante l'applicazione di trattamenti criogenici (congelamenti), i quali hanno lo stesso significato delle applicazioni laser: provocare ustioni (in questo caso, da freddo) che stimoleranno la successiva cicatrizzazione, e cioè la saldatura.

I vantaggi principali della chirurgia episclerale sono rappresentati dalla sua semplicità e dal minore traumatismo che essa induce sulla retina e sulle strutture intraoculari in genere, dal momento che essa non prevede l'ingresso all'interno del bulbo oculare. Per questo motivo, essa rappresenta a tutt'oggi la tecnica di elezione per il trattamento di forme non complicate di distacco di retina. Tra gli svantaggi, ricordiamo la miopizzazione dell'occhio operato (mediamente di 2-3 diottrie) e la possibilità che si sviluppino anomalie della motilità oculare, legate agli impianti di silicone che possono interferire con la normale attività dei muscoli responsabili dei movimenti oculari. Il rigetto del materiale impiantato è molto raro.

VITRECTOMIA

Gli anni ‘70 hanno visto il progressivo sviluppo della vitrectomia e delle tecniche di chirurgia endobulbare. Il principio è, in questo caso, quello di entrare nell'occhio attraverso minuscoli forellini con strumenti di microchirurgia e di intervenire direttamente sulla retina e sul vitreo. Esistono pinze, forbici, spatole, cannule e fibre ottiche in grado di passare attraverso un foro di 1 millimetro di diametro. Il termine "vitrectomia" indica l'asportazione del vitreo, che in effetti è solo uno dei passaggi in questo tipo di interventi; tuttavia, è invalso nell'uso il suo impiego per indicare l'intera procedura. La vitrectomia consente di affrontare con successo forme complicate di distacco di retina: distacchi di retina di vecchia data, forme accompagnate da versamento emorragico endo-oculare, forme accompagnate da membrane fibrose sulla retina (come nella retinopatia diabetica) e nel pucker maculare e così via dicendo. Molti sono i casi in cui essa viene associata alla chirurgia episclerale. Lo svantaggio principale è rappresentato dal maggiore traumatismo per le strutture interne dell'occhio; manipolata direttamente ed abbagliata, la retina - che è pur sempre un delicatissimo tessuto nervoso - mostra spesso segni di sofferenza post-operatoria e riprende a funzionare più lentamente. Inoltre la vitrectomia può favorire lo sviluppo della cataratta. La maggiore complessità e la necessità di apparecchiature sofisticate fanno si che essa possa essere eseguita solo in centri altamente qualificati. Riassumiamo in poche parole: entrambe le tecniche, ab-externo e ab-interno, presentano vantaggi e svantaggi. Si tratta di procedure diverse e complementari, ciascuna con le proprie indicazioni.

TERAPIA DELL’EMOVITREO

La terapia dipende dalla causa e dall’entità dell’emorragia. Nei casi più lievi si può attendere, in genere fino a un mese, che il vitreo si schiarisca spontaneamente. Se ciò non avviene oppure in caso di presenza di trazioni che determinano sollevamenti retinici si deve ricorrere alla terapia chirurgica, rappresentata dalla vitrectomia con correzione delle cause scatenanti.

ALTERAZIONI RETINICHE MACULARI

PREMESSE

Le patologie maculari trattabili chirurgicamente sono principalmente rappresentate da quelle forme di alterazione della regione maculare causate da fenomeni meccanici. A livello di questa regione della retina è possibile la formazione di membrane in corrispondenza della zona situata a contatto con il corpo vitreo. Il corpo vitreo è delimitato da una pellicola esterna chiamata corticale vitreale. In corrispondenza della macula vi è una regione nella quale a causa di specifiche particolarità anatomiche è possibile la formazione di sottili membrane anomale originate talvolta da residui della corticale vitreale, a volte dalla stessa retina. Queste membrane, dette “epiretiniche”, contraggono rapporti con la retina maculare, aderendo alla retina interna. Se le cellule che compone le membrane non sono di natura contrattile, ovvero non tendono ad esercitare trazioni sui punti di contatto, i disturbi visivi causati dalle membrane epiretiniche sono moderati. I disturbi in questi casi generalmente si limitano a una distorsione delle immagini, dovuta ad un modesto raggrinzimento della regione maculare soggetta a trazione da parte della membrana (figg. 2,3). Se, invece, i fenomeni trattivi sono più marcati (fig. 4), il tessuto retinico entra in sofferenza a causa della forte deformazione causata della membrana e l’abbassamento visivo diviene più marcato, potendo esitare in gravi riduzioni della vista se non si interviene chirurgicamente.

PATOLOGIE ASSOCIATE A MEMBRANE EPIRETINICHE MACULARI

Le principali patologie maculari correlate alla presenza di membrane epiretiniche sono:

il pucker (termine inglese che vuol dire:"raggrinzimento") maculare (figg. 2, 3, 4, 5), caratterizzato dalla presenza di una membrana epiretinica attaccata alla regione maculare e contratta (figg. ), per cui associata a distorsione delle immagini e, nei casi più gravi, alla formazione di macchie centrali di non visione (scotomi). L’intervento chirurgico può portare ad una risoluzione, non sempre totale, dei disturbi visivi, e soprattutto ad una riduzione della deformazione delle immagini.

la trazione vitreo-maculare (figg. 6, 7, 8), nella quale la corticale vitreale rimane attaccata alla porzione centrale della macula, chiamata fovea. La trazione conseguente su una zona così piccola può provocare un notevole abbassamento visivo.

il foro maculare, caratterizzato dalla formazione di un’apertura nella pozione centrale della regione maculare, che principalmente in occhi con miopia elevata può associarsi ad un distacco retinico posteriore.

Epidemiologia

Le membrane epiretiniche come patologia sono state descritte per la prima volta da Iwanoff nel 1865. Possono essere associate ad altre problematiche oculari, quali il distacco posteriore del vitreo, le rotture retiniche, il distacco retinico, le malattie oculari infiammatorie e vascolari e le emorragie vitreali. Nella maggior parte dei casi, però, possono insorgere anche senza associazione con altre malattie, nel qual caso vengono chiamate membrane idiopatiche.

Queste membrane rappresentano una malattia piuttosto frequente in quanto da studi su vasta scala risultavano in passato essere presenti nel 7% della popolazione, con frequenza in aumento con l’avanzare dell’età, ma con l’avvento di nuove tecniche diagnostiche (la tomografia a coerenza ottica, OCT) in uno studio del 2016 si è scoperto che la prevalenza nella popolazione può raggiungere il 34,1%.

Evoluzione

I disturbi causati dalla malattia dipendono dalle caratteristiche delle membrane, quali spessore, posizione e capacità contrattile, come sopra accennato. Inizialmente causano scarsi distubi, quando progrediscono causano disturbi vaghi e di difficile descrizione da parte del paziente, il disturbo più frequente è la distorsione delle immagini, seguita poi da appannamento visivo e riduzione dell’acutezza visiva. In uno studio del 2016 è stato osservato che in 5 anni il 29% delle membrane epiretiniche progredisce, il 26% regredisce e il 39% rimane stabile.

Diagnosi

Un ruolo chiave nella terapia di queste patologie che interessano la regione maculare è svolto dalla Tomografia a Coerenza Ottica (OCT), una nuova metodica di visualizzazione della regione maculare sviluppata a metà degli anni ’90. Questa tecnica utilizza un raggio di luce a bassa coerenza ottica, non monocromatica, che “spazzola” la regione maculare con una serie di numerose righe parallele, la luce riflessa viene captata da un rilevatore che la analizza e stabilisce tramite un computer la densità ottica di ogni punto retinico, ricostruendo una mappa tridimensionale della zona di tessuto analizzata. Il risultato sono delle immagini in 3D ad alta risoluzione della regione maculare e del vitreo antistante, che rendono possibile la visualizzazione della forma delle membrane, dei rapporti che hanno con la retina e dei danni che stanno causando. Le tecnica OCT è andata incontro ad una notevole evoluzione nel corso di questi anni: inizialmente era utilizzata una tecnologia definita “Time Domain”, ovvero l’analisi del segnale veniva effettuata nel dominio temporale, con uno specchio che si muoveva per seguire la profondità dei vari punti analizzati, successivamente è stata sviluppata una metodica detta “Spectral Domain” nella quale non ci sono parti in movimento per cui la precisione dell’analisi è aumentata, fino ad arrivare all’ultimo e più accurato sistema che è chiamato “Swept Source”, nel qual la precisione è incrementata dal fatto che la sorgente di luce è costituita da un laser modulato, con una lunghezza d’onda nel campo dell’infrarosso, consentendo oltre che la produzione di estremo dettaglio anche una penetrazione in maggiore profondità nei tessuti, per cui sono visualizzate anche le strutture più profonde.

RETINOPATIA DIABETICA

La retinopatia diabetica è una malattia subdola ed insidiosa, causata dalla compromissione circolatoria determinata dal diabete stesso cui fa seguito una ridotta ossigenazione dei tessuti. La retinopatia diabetica non proliferante si presenta con piccole emorragie, depositi (chiamati essudati) ed altre anomalie della circolazione retinica. Fondamentale, in questa fase, è la fluoroangiografia, che consente di visualizzare nel dettaglio tali anomalie, che devono essere trattate con il laser. Nelle fasi più avanzate la retinopatia diabetica diviene proliferante. Questo termine significa che si formano, all'interno dell'occhio, delle membrane contenenti vasi anomali. Le membrane nascono dalla retina e dal nervo ottico e si accrescono come piante rampicanti, provocando distacchi di retina ed emorragie massive.

TERAPIA DELLE PATOLOGIE MACULARI

CHIRURGICA

La tecnica chirurgica più frequentemente utilizzata è la vitrectomia con asportazione delle membrane epiretiniche. In questi casi si tratta di un intervento complesso perché implica un’azione su strutture oculari estremamente delicate, si consideri che tutta la regione maculare è grande 1,5 mm ed è costituita da un tessuto composto da cellule nervose ad alta densità con una disposizione critica ai fini del mantenimento dell’acuità visiva, per cui vi si deve ricorrere solo dopo un’accurata valutazione morfologica e funzionale del paziente che consenta di stabilire se il rapporto beneficio/rischio sia favorevole.

L’intervento di vitrectomia si è rivelato di grande importanza anche nel trattamento dei casi più gravi di retinopatia che si verificano nei pazienti diabetici. Il diabete, infatti, nei casi più avanzati, che attualmente grazie al miglioramento delle cure preventive sono divenuti sempre più rari, può esitare in emorragie intraoculari e in distacchi retinici con trazioni anche a livello maculare. L’intervento di vitrectomia, rimuovendo il vitreo infarcito di sangue e le trazioni che questo esercita sulla retina, consente la risoluzione di casi che in passato portavano alla cecità.

VITREOLISI ENZIMATICA

Nel caso di trazioni localizzate sulla macula la soluzione oltre che chirurgica, in cui si rimuove la trazione vitreo-maculare e il vitreo, può essere più semplice grazie all’introduzione di nuove terapie che, in casi selezionati, risolvono la trazione sulla retina. Si utilizzano enzimi che, iniettati del globo oculare sono in grado di “digerire” il punto di adesione, separando la corticale vitreale dalla retina e risolvendo la trazione senza dover ricorrere ad interventi chirurgici più invasivi.


Figura 1. Rappresentazione schematica del bulbo oculare e delle strutture che lo compongonoFigura 1. Rappresentazione schematica del bulbo oculare e delle strutture che lo compongono
Figura 2. Fotografia del fondo dell'occhio di un paziente miope. Figura 2. Fotografia del fondo dell'occhio di un paziente miope. La linea verde indica la fetta di cui viene effettuata la sezione con OCT (figg. 4, 8 e 9)
Figura 3. Situazione normale (occhio destro)Figura 3. Situazione normale (occhio destro). Mappa in falsi colori che evidenzia lo spessore della retina maculare, i colori caldi indicano uno spessore maggiore, quelli freddi uno spessore minore. Scansione con Swept-Source OCT. Si può osservare il profilo normale della regione maculare (a destra) e della porzione terminale del nervo ottico (a sinistra). E' evidente anche il profilo dei vasi sanguigni principali che dipartono da¬¬l nervo ottico e circondano parte della macula
Figura 4. Pucker maculareFigura 4. Pucker maculare. Sezione della macula centrale con Swept-Source OCT. Si nota la for-mazione di pieghe nella retina interna prodotte dalla membrana (in alto) contratta, parzialmente separata dalla retina, che causano una distorsione delle immagini
Figura 5. Pucker maculare (occhio sinistro)Figura 5. Pucker maculare (occhio sinistro). Mappa in falsi colori che evidenzia lo spessore della retina maculare. Scansione con Swept-Source OCT. La regione maculare inferiore è ispessita a causa della membrana epiretinica, sono evidenti le pieghe retiniche tra macula e nervo ottico.
Figura 6. Pucker maculare in stadio più avanzato che in fig. 3Figura 6. Pucker maculare in stadio più avanzato che in fig. 3. Mappa in falsi colori che evidenzia lo spessore della retina maculare. Scansione con Swept-Source OCT. La regione maculare è tutta ispessita a causa della membrana epiretinica, sono evidenti pieghe retiniche a distribuzione radia-le
Figura 7. Pucker maculare con aspetto a pseudoforoFigura 7. Pucker maculare con aspetto a "pseudoforo". In alto, immagine della retina maculare nell'insieme, in basso mappa selettiva della porzione più interna della retina, scansione con Swept-Source OCT. Sono ben visibili il tessuto epiretinico e le pieghe che determina a livello reti-nico. Intorno alla porzione centrale della macula (fovea) si rileva un anello di tessuto aderente alla retina che conferisce alla membrana un aspetto simile a un foro
Figura 8. Trazione vitreo-maculare in occhio miopeFigura 8. Trazione vitreo-maculare in occhio miope. Sezione con Swept-Source OCT. Il profilo dell'occhio è deformato a causa dell'allungamento tipico degli occhi miopi
Figura 9. Trazione vitreo-maculare in occhio non miopeFigura 9. Trazione vitreo-maculare in occhio non miope. Sezione della macula centrale con Spec-tral Domain OCT. La regione maculare centrale subisce la trazione della corticale vitreale, per cui si rileva la formazione di raccolte liquide a livello della regione maculare centrale, causa di danno visivo
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